Perugia, Toscana

(una storia, ahinoi, vera)

Il lavoro consiste nel preparare gli ordinativi della clientela prelevando la merce nel magazzino, quindi inscatolarla e porla sulle varie pedane, secondo la destinazione prevista.
Principalmente si tratta di generi alimentari destinati a centri commerciali e negozi che trattano prodotti biologici e derivati dalla soia. Si lavora tutti imbacuccati in una cella frigorifera grande come un appartamento, con temperatura che non supera mai i tre gradi.
Dunque, l’ennesimo ordinativo è pronto. Ho preso la merce richiesta dai vari scaffali, l’ho inscatolata scrivendo col pennarello su ogni confezione il numero d’ordine e mi dirigo verso la pedane ben allineate, ognuna delle quali corrisponde ad una regione italiana. Ma non riesco a trovare la pedana giusta. Quindi torno indietro e mi rivolgo alla responsabile.
“La pedana dell’Umbria è ancora da fare?” domando. Sono stata assunta da poco e di solito sono sempre tutti pronti ad aiutarmi in caso di difficoltà.
“Umbria?” domanda lei, corrugando la fronte.
“Già. Forse devono ancora farla. Magari prendo io una pedana e la metto in fondo alla fila” suggerisco ingenuamente.
“Ma dove va quella roba?”
“Va a Perugia” rispondo dopo aver nuovamente controllato l’indirizzo sull’ordine.
La responsabile piega all’insù un angolo della bocca, si mette le mani sui fianchi e decreta: “Perugia è in Toscana”.
“Beh, no, per la verità è in Umbria. Vuoi dire che devo mettere quest’ordine insieme alla roba per la Toscana?”
“Ma non te l’hanno dato il foglio con le province?” sbotta lei, rovistando tra i fogli sparsi sulla sua postazione di lavoro.
“Ecco, guarda!” aggiunge carezzando con la mano l’elenco chiarificatore. Mi avvicino e controllo. In effetti, Perugia è stata compresa tra le province della Toscana. Provo allora a chiarire ad alta voce la situazione.
“Ho capito. Vuol dire che il trasportatore che va in Toscana passa anche dall’Umbria. Quindi hanno fatto una pedana sola per Toscana e Umbria. Ok.” concludo.
“Che c’entra l’Umbria?” interviene una collega che ha udito tutto, ed è intenta ad inscatolare la merce del proprio ordine.
“Beh, niente. E’ che Perugia è in Umbria e credevo che ci fosse la pedana…”
“Ma se ti ho detto che è in Toscana!” torna alla carica la responsabile.
Non mi va di arretrare su questioni simili, quindi ribatto.
“No, Perugia è il capoluogo della regione Umbria. Se poi la roba dell’Umbria deve essere messa insieme a quella della Toscana, d’accordo. Però, dato che io questo non lo sapevo, cercavo la pedana dell’Umbria”.
Discussioni di questo genere, anche se brevi, sono molto rare in un ambiente dove ognuno lavora freneticamente a testa bassa, badando solo alle proprie incombenze. Quindi, inevitabilmente, risvegliamo l’attenzione del capo magazziniere.
“Che succede?” interviene con baldanza. E’ un omuncolo dai modi sgradevoli, addestrato a trasmettere alla manovalanza le direttive dei capi con tutto il ringhioso vigore che la taglia gli concede. Gli chiarisco il nodo del contendere e lui subito scuote la testa.
“Perugia è in Toscana. Guarda sul foglio delle province!”
“Sì, ho visto il foglio. E Perugia non si trova in Toscana. Ma dato che credevo che ci fosse la pedana dell’Umbria…”
Veniamo interrotti da una voce che giunge dal fondo della cella frigorifera E’ quella di un’altra giovane collega, che emerge dal frastuono delle ventole dei refrigeratori costantemente accesi. “Perugia è in Toscana” urla sventolando il foglietto delle province che ha in dotazione.
Decido che è meglio lasciar perdere e mestamente mi dirigo con le mie scatole verso la pedana della Toscana.
“Ragazze, mi raccomando” strilla il capo magazziniere con piglio volitivo, rivolto alle masse: “Non sbagliate a mettermi la merce sulle pedane, sennò mi incazzo…”.

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