Trump a valanga

Haley si diceva favorita nel New Hampshire e invece anche lì vince Trump, benché non con lo scarto di cui ha goduto nello Iowa. Nonostante ciò, la sua ultima concorrente alle primarie repubblicane, Nimrata Randhawa, coniugata Haley, ancora non si ritira dai giochi e probabilmente lo farà tra un mese dopo i risultati nel South Carolina, di cui è stata governatrice per sei anni. Farebbe infatti una mesta figura a ritirarsi senza aver nemmeno gareggiato nel proprio stato di nascita.
Prima però ci saranno i caucus in Nevada e nelle Isole Vergini, e nemmeno lì dovrebbero esserci sorprese negative per Trump. E così l’ultima carta della sfidante Haley, cioè un grido disperato più che un asso nella manica, consiste nel sottolineare che Trump è anziano quasi quanto Biden e che una sua vittoria equivarrebbe per il paese al rinnovo dell’abbonamento all’attuale alzheimercrazia. Avvertimento piuttosto debole, soprattutto nel giorno in cui il 46enne De Santis abbandona la sfida, collocandosi nella scia di Trump in quel che resta di una gara ormai ben poco avvincente.
La cosa davvero strana è che nel partito avversario in quattro anni non abbiano trovato né saputo costruire mediaticamente alcuna figura che potesse partecipare alla gara con buone speranze di successo, al punto da dover puntare sul presidente che registra il gradimento più basso nella storia americana.
Sarà forse che l’idea di sfidare Trump è ormai considerato il modo più sicuro per giocarsi la carriera, ma sta di fatto che perfino l’ultimo rampollo politico dei Kennedy, l’omonimo figlio del Robert freddato in circostanze ambigue nel lontano ‘68, molla il partito e si candida come indipendente, che da quelle parti significa, se tutto va bene, vendersi poi al miglior offerente in qualità di ago della bilancia.
Oppure sarà che nei circoli della finanza guerrafondaia che muove i fili del vecchio Biden, ci si è rassegnati a liquidare Trump in modo meno ortodosso, attraverso ostacoli di natura giudiziaria, oppure addirittura mediante il mattoide di turno che gli spara ad un comizio. Beh non sembri cosa eccessiva, può anche essere, ma se questi fossero i propositi non vi sarebbe una così grave penuria di candidati nel partito dell’Asinello.
Un’altra soluzione sarebbe quella di conteggiare i voti per posta in modo un po’ creativo, cosa che secondo alcuni avrebbe già favorito Biden la volta scorsa, ma son supposizioni che in un sistema elettorale farraginoso come quello a stelle e strisce son destinate a restare mistero per almeno qualche secolo. E poi diciamo pure che quand’anche ciò fosse possibile o ripetibile, funziona solo se lo scarto tra i concorrenti è estremamente ridotto e nessuno può dirsi sicuro che lo sarà anche stavolta.
O ancora, è possibile che anche nella cupola economico e lobbista Usa ci si sia rassegnati al ritorno di Trump ma che si punti a sedurre chi gli starà intorno, magari il suo vice o il segretario di Stato, facendone così un presidente azzoppato. Senza contare che la macchina militare americana è progettata in maniera tale da permettere l’inizio della più esiziale delle avventure ponendo la CasaBianca di fronte al fatto compiuto.
Ma Trump è dopotutto consustanziale al sistema e non è nemmeno detto che in un ipotetico secondo mandato non si dimostri più malleabile verso gli interessi o meglio i deliri dei circoli neocon, ormai fanaticamente conquistati dalle scenografie della guerra totale. E questa sarebbe in definitiva l’eventualità peggiore.

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